Due volte alla anno, per garantire a milioni di bambini nel mondo la loro dose di cioccolato kosher, gli impianti di lavorazione vengono lavati completamente con l’acqua il venerdì e il lunedì vengono purificati col fuoco. Solo dopo questo rituale è possibile cominciare la produzione. Ogni ingrediente dal cacao al latte è selezionato e controllato dai rabbini, vietato utilizzare emulsionanti come lecitina e vanillina, e per non trasgredire le norme bibliche: burro di cacao al posto dei grassi vegetali. In questo modo all’Alprose, una fabbrica al confine tra Svizzera e Italia, viene prodotto il cioccolato adeguato al consumo da parte degli ebrei: Israele, Stati Uniti, Australia, Belgio, Germania, Gran Bretagna e Italia i principali paesi di destinazione. Il Rapporto Eurispes diffuso a gennaio sottolineava i cambiamenti delle abitudini alimentari del Bel Paese. Dieta modificata a causa dei prezzi troppo alti di alcuni alimenti, ma anche da un’attenzione particolare all’acquisto di prodotti di qualità (biologici, Dop e Doc). La novità è rappresentata dal fenomeno del kosher. Negli ultimi 5 anni c’è stato un incremento nel settore.
La qualità - Prima per la mucca pazza, poi per l’aviaria, gli italiani anche non ebrei hanno cominciato a preferire i prodotti kosher perché maggiormente controllati. Kosher significa conforme alla legge e rappresenta l’insieme delle regole religiose che governano la nutrizione degli ebri osservanti. Nella pratica si traduce in una serie di norme igieniche che rendono il cibo più sano e sicuro. La cucina kosher non consente il contatto tra carne e latticini (gli ebrei hanno due servizi di piatti e stoviglie diversi, scomparti distinti in frigo e anche spugne separate) e gli animali devono essere uccisi con un netto taglio alla gola che ne assicuri il totale dissanguamento e devono essere controllati i loro organi interni: è vietato mangiare un animale permesso e macellato ritualmente qualora presenti malattie o difetti fisici. L’estrema rigidità di queste norme costituisce una tutela per il consumatore indipendentemente dalla sua religione e, nel tempo, ha reso la certificazione kosher un marchio di qualità riconosciuto in tutto il mondo OU per gli USA e IKU www.italykosherunion.it per l’Italia. Negli Stati Uniti i maggiori consumatori non sono ebrei, ma persone che cercano in tale marchio una garanzia di genuinità e purezza. Nel 2006 il kosher food, scrive Largo Consumo, ha subito un incremento del 12.5%. Sotto supervisione ci sono 9500 società e 58.000 articoli. Le vendite sono superiori ai 450 bilioni di dollari nel mercato al dettaglio statunitense.
La tendenza - La certificazione è applicabile ad una gran varietà di prodotti, dagli ingredienti da cucina come l’olio d’oliva ad alimenti confezionati, fino ai prodotti dietetici. Essa viene rilasciata da apposite associazioni rabbiniche ed è indicata sul prodotta da un apposito simbolo o dicitura che identifica il rabbino certificatore. Il rispetto delle severe regole del Kasheruth è verificato periodicamente da esperti sul luogo di produzione e la certificazione (che ha una scadenza e va periodicamente ripetuta) può essere revocata in qualsiasi momento. Anche nel nostro paese sono in aumento le aziende che decidono di far certificare i propria alimenti dal rabbinato italiano e il trend è in continua crescita. Biscotti, cioccolato, bevande,acque, condimenti, dentifrici, cosmetici, dolci, spezie e formaggi, la galassia alimentare italiana che ha iniziato ad esplorare le opportunità offerte dalla certificazione kosher è molto variegata. I marchi OU e IKU www.italykosherunion.it migliorano immediatamente la percezione che il pubblico ha delle qualità dei prodotti a livello con ricadute positive anche sulla commercializzazione all’estero. Algida, Mulino Bianco e Pavesi secondo l’Eurispes sfiorano un fatturato di oltre 300 milioni di dollari con i prodotti kosher. In Italia anche i locali che servono cibo esclusivamente kosher sono in aumento. Roma con 15 punti alimentari è la città italiana con più ristoranti e con i consumi più elevati. Tanto che alla fine dello scorso anno ha aperto nella Capitale il fastfood ebraico “doc” più grande d’Europa: 250 posti su 3 piani.
Vedi lista prodotti kosher 2008.
Lara Gusatto
tratto da IGFonline |