24/04/2008
La religione ebraica prevede alcune regole alimentari dette "Kasherut"; una delle più importanti in assoluto è quella che vieta di consumare un pasto che sia contemporaneamente a base di carne e di latticini. "Non cuocerai il capretto nel latte di sua madre", si legge nei libri dell' Esodo e del Deuteroniomio; "Questo è un modo di pervertire il sistema vitale", ha confermato recentemente in proposito Moni Ovadia. Ancora oggi, in molte famiglie meridionali non ebree, si osservano queste regole a testimonianza dell'origine semitica di alcune popolazioni. Il rapporto tra l'Italia e l'ebraismo è molto antico: furono gli ebrei ellenizzati che sbarcarono nel IV° sec. a.C. sulle coste calabre a portare con sé alcune delle piante, tra cui il cedro e la palma da datteri che, oltre a contribuire a caratterizzare il paesaggio mediterraneo, avrebbero fornito per secoli i cibi che oggi vengono definiti tradizionali. Antiche pietanze vengono ancora oggi preparate secondo le antiche regole alimentari di quella religione ed è proprio questa la novità: il ritorno dei cibi Kosher. Basti pensare che ogni anno si consumano, solo negli Stati Uniti, prodotti certificati kasher per oltre 150 miliardi di dollari e il loro consumo inizia a diffondersi anche in Italia. Al contrario di quello che si può pensare, non sono solo gli ebrei osservanti a chiedere questi prodotti, ma anche i vegetariani, i musulmani, i salutisti o semplicemente i soggetti intolleranti al lattosio. Nella babele degli enti certificatori, l'agenzia "Italy Kosher Union" (IKU) si è diffusa tra i consumatori perchè soddisfa appieno gli standard di qualità richiesti. Tra le grandi aziende certificate dalla IKU figurano: la Ferrarelle spa, che ha ottenuto anche la certificazione americana OU ( massimo organismo USA di certificazione kosher), l'Accademia Barilla .
L'esercito dei certificatori consta di 500 rabbini che operano sul campo in tutta Europa e nel mondo intero, dall'America fino all'Australia, dall'Estremo Oriente al Sud Africa. Nel loro lavoro, essi si avvalgono delle moderne tecniche di produzione alimentare e di moderni sistemi informatici che consentono la rintracciabilità delle informazioni sui prodotti e gli ingredienti utilizzati. Il database in loro possesso contiene informazioni su oltre 200.000 ingredienti per prodotti alimentari. Nella sede centrale di New York il viavai di rabbini è continuo: cinquanta di loro, coadiuvati da superspecialisti dei vari settori, coordinano le società certificate OU. Anche in Italia, e in particolare In Calabria, da circa vent'anni le piante di cedro vengono certificate da questi rappresentanti religiosi che appongono, a mo' di sigillo sul fil di ferro, un piombino con impressa la sigla del rabbino certificatore a garanzia che quella pianta è autoradicata e quindi rispetta le norme previste dai trattati talmudici. Dalla certificazione della pianta, in pochi anni, si è passati a quella del frutto, con grande vantaggio economico sia per i produttori che per le stesse agenzie ebraiche. Questo modello di certificazione sperimentato nel sud Italia è senz'altro rappresentativo di culture e tradizioni millenarie. Siamo quindi certi che, se dovesse essere esteso a tutte le produzioni tipiche, ampiamente diffuse nell'areale mediterraneo, potrebbe, nel giro di pochi anni, contribuire non poco alla tutela e alla valorizzazione dell'agrobiodiversità e all'innalzamento del livello qualitativo delle produzioni nel rispetto dell'ambiente e dei consumatori. Che i nostri amministratori possano riflettere su questa possibilità, guidati dalla famosa frase di Giobbe: "Quando l'uomo pensa, Dio ride".
tratto da: www.rivistaonline.com |